I N T R O D U Z I O N E
Ho scelto per la mia tesina il tema de “Le Pandemie: la
paura nella storia” perché è un tema di grande attualità causato
dall’arrivo in Italia del virus Covid-19. Ho immediatamente capito che
quel senso di paura che avvertivo, anzi che avvertivamo tutti noi, era lo
stesso provato da coloro che ci hanno preceduto in epoche diverse e si sono
ritrovati a vivere la stessa situazione.
Dopo un attimo di smarrimento
iniziale, dove non sapevo cosa pensare, ho compreso la gravità della situazione
che stavo vivendo, quando l’11 marzo 2020, l’Organizzazione Mondiale della
Sanità, ha dichiarato lo Stato di Pandemia da Covid-19. Immediatamente mi sono
venute alla mente le Pandemie nella nostra letteratura, studiate e discusse a
scuola, e non solo a me, ma anche i giornali, le televisioni e tutti i mezzi
d’informazione, nonché i principali studiosi e tutti le persone comuni, hanno
fatto, come me, lo stesso riferimento alla nostra letteratura, perché
nonostante siano passati centinaia e centinaia di anni, quasi 400 per
l’esattezza, il virus di oggi, si è riprodotto con le stesse caratteristiche di
allora.
Entrambe le Pandemie sono state causate da animali
infetti e si sono diffuse grazie al fiorente scambio commerciale, soprattutto
in città economicamente elevate, (come appunto Milano) con più passaggio di
persone. Analogia anche sul fatto che i medici di allora come quelli di oggi,
procedevano a tentativi per individuare la cura più efficace e ridurre la
mortalità, inoltre venne imposta una quarantena, il divieto di spostarsi tra
regioni e il distanziamento sociale come unico modo per indebolirla.
I paesi coinvolti in queste Pandemie, si trovano a dover
affrontare criticità non solo dal punto di vista sanitario, ma anche,
economico, politico e sociale. Spesso, a questo si aggiunge il problema di
alcuni atti di razzismo nei confronti di coloro che si pensa possono spargere
il contagio, mettendo gli uomini gli uni contro gl’altri: è successo oggi,
inizialmente sbeffeggiando la popolazione cinese, e successe nel 600, a Milano,
quando Renzo, il protagonista del romanzo “i promessi sposi” del Manzoni venne
scambiato per untore, come viene raccontato nel capitolo XXXIII del romanzo
stesso.
Inizierò a raccontare la mia tesina proprio dai due
principali episodi narrati nella letteratura italiana: la peste raccontata dal
Boccaccio e la peste raccontata dal Manzoni.
LA PESTE RACCONTATA DAL BOCCACCIO: IL
DECAMERON
La Peste (o Peste Nera) del 300 fa da cornice narrativa a
tutta l’Opera del Boccaccio: il Decameron. Il Decameron, dal greco
“dieci giornate”, è stato scritto tra 1349 e il 1351 ed è una raccolta di 100
novelle, scritte in volgare fiorentino, raccolte appunto in 10 giornate, tutte
inquadrate in una complessa cornice narrativa.
L’introduzione, si apre con
una drammatica immagine di morte.
L’autore descrive infatti la peste che colpì Firenze (e l’Europa), nel 1348,
uccidendo i 2/3 della popolazione. L’epidemia scatenata da un focolaio
orientale e dilagata nelle città portuali europee, sarebbe poi arrivata a
Firenze, già provata da una profonda crisi economica e politica. Giovanni
Boccaccio vive a Firenze durante la terribile epidemia e dunque fa da testimone
oculare dell’evento. Egli descrive con realismo gli orrori che la peste provoca
in città. Ciò che colpisce la sua attenzione, però, non è solo il rapido
propagarsi della malattia e la facilità con cui si diffonde, ma soprattutto il
fatto che la peste ha disgregato il tessuto sociale della città
fiorentina e ha sconvolto i normali rapporti perfino nelle famiglie.
L’autore
spiega che questo tragico ricordo, (“la dolorosa ricordazione della pestifera
mortalità trapassata”) è la responsabile “dell’orrido cominciamento”
della sua opera, e dopo aver ipotizzato le cause dell’epidemia, Boccaccio
inizia a scrivere in maniera dettagliata i primi segni della pestilenza:
”..nascevano nel camminamento d’essa a’ maschi ed
alle femmine parimenti o nell’anguinaia o sotto le ditelle certe enfiature,
delle quali alcune crescevano come una comunal mela, altre come un uovo, e
alcune più e alcun’ altre meno, le quali i volgari nominavan gavoccioli…E dalle
due parti del corpo predette infra brieve spazio cominciò il già detto
gavocciolo mortifero indifferentemente in ogni parte di quello a nascere e
a venire: e da questo appresso s’incominciò la qualità della predetta
infermità a permutare in macchie nere o livide. E come il gavocciolo
primieramente era stato e ancora era certissimo indizio di futura morte, così
erano queste a ciascuno a cui
venieno.”
Il Decameron di Giovanni Boccaccio ha una struttura
particolare a “cornice” che svolge un ruolo fondamentale. La cornice è
la situazione di base e di partenza del racconto, è la situazione narrativa
entro la quale si decide di raccontare le novelle, consiste in una
storia-contenitore, che ha la funzione di collegare tra di loro le cento
novelle, una specie di racconto nel racconto, con due distinti livelli di
narrazione.
La “novella cornice” viene presentata subito all’inizio
dell’opera: una brigata di sette ragazze e tre ragazzi, si incontrano a
Firenze nella Chiesa di Santa Maria Novella, mentre la città è devastata dalla
terribile peste del 1348. Per sfuggire alla malattia e per dimenticare la
sofferenza e la desolazione che regna in città, decidono di trasferirsi, in
campagna, in una villa circondata dalla natura e da una pace incontrastata. Qui
trascorrono due settimane tra canti, balli e racconti: infatti per trascorrere
meglio il tempo e tenere lontano ogni cattivo pensiero e ogni cattiva notizia
che potrebbe giungere dall’esterno, i giovani decidono di raccontare ognuno una
novella, dieci ogni giorno, (tranne il venerdì e il sabato per riguardo alla
religione) per intrattenersi e riflettere sul significato di ogni storia. Ogni
giorno eleggono un re o una regina, a cui spetta il compito di fissare il tema
della giornata, cioè l’argomento, delle dieci novelle che saranno raccontate, a
turno, quel giorno. Ogni novella è preceduta dalla presentazione che ne fa il
giovane narratore ed è seguita dai commenti del pubblico.
Questa è la cornice novella, entro la quale vengono ad inserirsi
i cento racconti diversi, ognuno con il proprio tempo, una sua trama, un tema,
uno
spazio.
Il Decameron ha rappresentato un nuovo genere letterario,
fino a quel tempo sconosciuto, quello della novella ed è un opera di
grandissima importanza per la nostra letteratura. Inoltre, l’autore scrivendo
quest’opera, voleva illustrare al popolo due tematiche essenziali:
dimostrare ai fiorentini che è possibile rialzarsi da qualunque disgrazia
si venga colpiti, proprio come fanno i 10 giovani con la peste, e il rispetto
nei confronti delle donne, alle quali la sua opera è dedicata. Il
Boccaccio non si rivolge a tutte le donne, ma in particolare a quelle
innamorate, allo scopo di alleviare le loro pene d’amore. Diversamente dagli
uomini, occupati in mille faccende, alle donne di quel tempo sono concesse
poche distrazioni e trascorrono la maggior parte del tempo chiuse nelle loro
stanze, avendo così più tempo per leggere. Con la sua opera, l’autore, non
vuole solo offrire uno svago, ma vuole indicare alle donne anche dei modelli di
comportamento.
CURIOSITA’
In realtà le novelle presenti all’interno del Decameron non
sono 100 ma 101: all’inizio della IV giornata è lo stesso autore a raccontare
la novella delle papere, che si aggiunge così alle 10 raccontate nella stessa
giornata dai membri della brigata.
LA PESTE RACCONTATA DAL MANZONI NEI CAPITOLI FINALI DE “I
PROMESSI SPOSI”
La Peste Nera rimase in Europa, per altri duecento anni,
dopo il 1351, ma colpì per lo più in forma leggera, fino al 600, quando una
nuova ondata cruenta colpì il Nord Italia ( 1630/31 ).
Tutto questo viene raccontato da Alessandro Manzoni che descrive
nel dettaglio la propagazione della peste a Milano, ne “I Promessi
Sposi”.
Allora, come oggi, la Lomabrdia è una delle regioni italiane
più colpite dall’epidemia, e la città di Milano, molto popolosa e ricca
di commerci, rappresenta anche a quel tempo, uno dei più importanti centri
economici d’Italia. Questo grande scambio di persone e una precedente carestia,
che ha gia reso vulnerabile la città, fanno si che la peste si riproduca assai
velocemente.
Il Manzoni, nel capitolo XXXII,
descrive Milano, come una città tumultosa, malsana, triste e in preda ad un forte
disordine e mette in risalto l’incuria e l’indifferenza del potere pubblico nel
fronteggiare l’emergenza. Vi è un continuo alternarsi di comportamenti
bestiali (lo squallore delle strade cosparse di cadaveri, gettati perfino
dalle finestre) e atteggiamenti caritatevoli (famoso l’episodio della
madre di Cecilia, che impietosisce perfino il monatta) e ciò che spicca è
l’alterazione del tessuto sociale: il venir meno dei rapporti umani per la
malattia, la diffidenza reciproca e si diffonde, tra la gente, la paura
degli untori, coloro che vengono accusati di spargere il contagio e per
questo avvengono episodi di linciaggio da parte della folla ai danni di persone
innocenti (un po’ com’è successo oggi, all’inizio di questa pandemia, con la
popolazione cinese). Anche Renzo, il protagonista del racconto, si trova a
Milano per avere notizie della sua amata Lucia. Viene anch’egli inseguito e
creduto un untore e deve scappare dalla folla per non essere linciato. Quando
sembra ormai perduto, trova riparo tra i corpi dei morti sul carro dei monatti
che, scambiandolo per un untore, gli offrono la loro protezione. Verrà condotto
al lazzaretto dove rincontrerà la sua Lucia, e assisterà alla morte di Don
Rodrigo. I monatti diventano i padroni delle strade e usano il loro potere per
derubare gli ammalati.
LA PESTE
La Peste è una malattia infettiva causata da un batterio
presente nelle pulci ospitate da animali come topi e conigli. E’ stata uno dei
flagelli più pericolosi e catstrofici che hanno colpito l’umanità. Si diffuse
per millenni e in ogni parte del mondo.
All’origine della peste
non vi fu Dio ma una serie di motivazioni naturali e socio-economiche. La Peste
Nera del Trecento, rappresentò il disastro più memorabile dell’ Occidente
Medievale. L’epidemia arrivò in Europa attraverso le rotte commerciali con
l’Oriente. Le navi genovesi di ritorno in Europa trasportarono la peste prima
nel porto di Costantinopoli e poi in quello di Messina. L’epidemia trovò
l’Europa già in difficoltà, colpita da numerose carestie e scarse condizioni
igeniche, e si diffuse velocemnte.
La medicina del tempo non
aveva strumenti per combattere la malattia, e la Chiesa , che credeva ad un
Castigo di Dio, organizzava processioni, aumentando così il contagio. La
mortalità fu altissima: 30 milioni di vittime, 1/3 della popolazione. In italia
vennero colpite in particolar modo le Regioni del Nord, fino a Firenze che
perse i 2/3 della popolazione, e intere citta vennero spazzate via.
L’espressione peste nera nacque dall’osservazione che si potè fare dei sintomi
che essa provocava sulle persone: la comparsa di macchie scure o livide di origine
emorragica che si manifestavano sulla cute e sulle mucose dei malati. La peste
nera rimase in Italia per duecento anni ma fino al 600 colpì per lo più in
forma leggers e senza coinvolgere tutto il continente. Nel 1629 una nuova
ondata di peste, fu portata nel Nord Italia, controllato dal Sacro Romano
Impero, dai Lanzichenecchi scesi dalla Germania per sedare i tumulti tra
mendicanti e vagabondi che avevano preso d’assalto le città per cercare
condizioni migliori rispetto alle campagne colpite dalla carestia.
CURIOSITA’
La peste del 300 ha lasciato
in eredità un fatto curioso: diminui l’altezza delle donne.
L’antropologa Sharon Dewitte dell’ Università della Carolina del
Sud, confrontando le tibie e i canini di donne morte prima e dopo la peste,
rivelò che dopo la pandemia, le ossa femminili sono diventate più corte e di
conseguenza le donne più basse.
Peste Nera o Bubbonica
La
Peste Nera è un termine moderno. Era conosciuta, allora, come Grande Morte o
Morte Nera o Pestlenza. L’espressione Peste Nera nacque dall’osservazione
dei sintomi che essa provocava sulle persone: comparsa di macchie scure o
livide di origine emorragica che si manifestavano sulla cute o sulle mucose dei
malati. La peste Bubbonica era causata dai morsi delle pulci, i batteri “
Yersina Pestis”, si moltiplicavano formando i famigerati bubboni.
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