mercoledì 3 giugno 2020

Agata Terzaghi - L’antisemitismo e la Shoah


L’antisemitismo e la Shoah

Con il termine biblico “Shoah”, che significa “catastrofe”, si ricorda lo sterminio di milioni di ebrei, ad opera dei nazisti, che avvenne in Europa durante la prima metà del 1900.  Alcuni storici indicano questo evento con il termine “Olocausto”, una parola greca, che fa riferimento a sacrifici praticati nell’epoca antica (in particolare da greci ed ebrei) in cui le vittime, agnelli, tori e capre, venivano bruciate per intero, esattamente come migliaia di ebrei che dopo essere stati giustiziati vennero bruciati dai nazisti nei forni crematori. I sacrifici venivano allora praticati per motivi religiosi, per ingraziarsi una divinità o per espiare dei peccati, ma nella Shoah non c’era nulla di religioso, né tantomeno nulla da espiare. Per questo motivo si preferisce oggi il termine Shoah o anche il termine “antisemitismo” con il quale si indicano le manifestazioni di odio nei confronti del popolo ebraico in ambito religioso, politico e sociale.

L'odio nei confronti degli Ebrei ha però origini ben più antiche. Le prime forme di discriminazione risalgono a quando gli Ebrei vennero cacciati dalla Palestina, perché accusati dai Cristiani in quanto non riconoscevano la figura di Gesù come quella del Messia. 
Le persecuzioni contro gli Ebrei raggiunsero il culmine nel Medioevo durante
le crociate, quando i soldati cristiani massacrarono migliaia di Ebrei nel loro viaggio alla conquista della Terrasanta. 
Gli Ebrei non potevano avere la cittadinanza, non potevano possedere terre e non potevano esercitare nessuna professione. 
Nel 1492, furono cacciati dalla Spagna e dal XVI secolo furono costretti a vivere segregati nei ghetti, quartieri separati dagli altri all’interno di una città.
Solo ai tempi della rivoluzione francese, verso la fine del 1700, si stabilì che gli Ebrei avessero gli stessi diritti degli altri cittadini, ma queste nuove disposizioni non riuscirono a placare i rancori e l’odio nei loro confronti e gli estremisti arrivarono addirittura a sviluppare teorie pseudo-scientifiche sull’inferiorità della razza semita rispetto alle altre.
L’antisemitismo si era diffuso e rafforzato nel 1800 quando la politica nazionalista, che vedeva nelle minoranze in generale una minaccia per l’unione nazionale, per la stabilità politica e per la “purezza etnica”, si accanì essenzialmente sugli Ebrei.
Tuttavia all’epoca della Repubblica di Weimar, quindi dal 1919 in poi, gli ebrei tedeschi, circa l’1% della popolazione, avevano raggiunto ormai la libertà e l’uguaglianza sociale ed erano perfettamente integrati nel mondo lavorativo tedesco. Si sentivano tedeschi a tutti gli effetti ed erano riusciti ad avere successo e ad arricchirsi. Avevano combattuto nell’esercito tedesco durante la prima guerra mondiale, alcuni avevano sposato tedeschi non ebrei e altri avevano pure abbandonato la religione ebraica.  
Per i nazisti, però, gli Ebrei erano un pericoloso nemico interno, causa di molti dei problemi che affliggevano la Germania e, addirittura, della sconfitta della Germania nella prima guerra. Gli ebrei sarebbero stati colpevoli di aver inquinato la razza tedesca, che, secondo le teorie del razzismo scientifico dell’epoca, sarebbe stata destinata, invece, ad assumere un ruolo di comando nel mondo intero. 
Il razzismo scientifico moderno come noi lo conosciamo era stato teorizzato inizialmente in Francia da un tale Joseph Arthur de Gobineau, un nobile francese autore di un saggio dal titolo piuttosto eloquente. “Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane”, pubblicato a metà del 1800. 
Gobineau era convinto del fatto che le razze originariamente fossero tre: bianca, gialla e nera. Per Gobineau i “gialli” erano commercianti calcolatori, i “neri” persone in preda agli istinti animali, e i bianchi, naturalmente, erano i più nobili e i più portati all’esercizio intellettuale e al comando. Per Gobineau, la razza ariana, o “razza germanica” (da cui discendeva anche la nobiltà francese a cui lui apparteneva) era l’incarnazione più pura dei “bianchi”.

Chi portò l’odio verso gli Ebrei alle forme più estreme e violente fu Adolf Hitler (1889-1945), un politico tedesco, di origine austriaca, che durante il periodo di crisi della Germania, dopo la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale, conquistò il potere, fondando nel 1920 il Partito Nazista, i cui punti fondamentali erano basati su idee nazionaliste e razziste. 
Nel saggio Mein Kampf, La mia battaglia, (1925) Adolf Hitler espose il suo pensiero politico e descrisse, sotto forma di un’autobiografia, il programma del partito nazionalsocialista. Il nazismo, infatti, sosteneva la superiorità dei popoli nordici (o ariani), e in particolare dei Tedeschi, su tutti gli altri. La Germania, quindi, aveva il compito di stabilire tale superiorità e di combattere chi vi si opponeva, cioè gli Ebrei, secondo Hitler. 
L’affermazione del nazionalsocialismo in Germania avvenne intorno al 1929, durante la crisi economica che colpì in primo luogo gli Stati Uniti e poi molti degli Stati d’Europa.
Con l’enorme potere di cui disponeva, Hitler concentrò tutti i suoi sforzi nel raggiungimento di un unico obiettivo: la rivincita dopo la sconfitta del 1918, grazie a un possente programma di ristrutturazione economica e militare e a una politica estera molto aggressiva, che condusse all’invasione della Polonia da parte della Germania (1° settembre 1939) e che provocò lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Da quel momento Hitler diresse personalmente le operazioni di guerra e, grazie anche alle sue decisioni e alla sua determinazione, i primi anni del conflitto furono caratterizzati da varie vittorie, che permisero alla Germania di dominare gran parte dell’Europa. Verso la metà del 1942, gran parte dell'Europa e quasi tutto il Nord Africa erano caduti sotto il controllo della Germania e della follia di Hitler. 
L’occupazione tedesca portò a un durissimo sfruttamento delle popolazioni sottomesse e moltissime persone furono deportate in Germania, nei campi di concentramento, una sorta di carceri, istituite nel 1933, inizialmente per gli oppositori politici e completamente gestite dai nazisti.
La maggior parte dei prigionieri erano Ebrei, che già dal 1938, con le leggi razziali, erano stati considerati i responsabili della crisi economica tedesca, perseguitati, licenziati dai loro impieghi e isolati dal resto della popolazione, insieme a milioni di uomini, ritenuti di “razza inferiore”, perché facenti parte di diversi gruppi etnici, politici e sociali, come oppositori politici, disabili fisici e mentali, omosessuali, prigionieri di guerra, ecc., che furono costretti a lavorare molto duramente nelle industrie e nelle fabbriche, per finanziare la guerra nazista. 
La notte del 9 novembre 1938, la cosiddetta Notte dei cristalli, ci fu una gigantesca aggressione pilotata dalle SS,  durante la quale furono devastati negozi gestiti da ebrei, sinagoghe e case in tutta la Germania, oltre che nei territori recentemente annessi (Austria e Cecoslovacchia). Da quel momento la pesante discriminazione civile si trasformò in persecuzione di massa, volta a rendere la vita degli ebrei impossibile, spingendo molti di loro ad emigrare. Secondo Hitler, e secondo la propaganda nazista, gli ebrei stavano spingendo i paesi stranieri a muovere guerra alla Germania.    
Nell’autunno del 1941 gli ebrei, che dal settembre erano obbligati ad indossare una stella di David gialla cucita sugli abiti sin dall’età di 6 anni, non poterono più emigrare dalla Germania: tutti quelli che non erano riusciti ad andarsene prima si trovarono dunque in trappola, perché il 20 gennaio del 1942 ebbe luogo la Conferenza di Wannsee, presso una villa nell’omonimo quartiere di Berlino. A Wannsee si incontrarono 15 importanti gerarchi delle SS per discutere del modo in cui sarebbe stata applicata la soluzione finale, nome in codice per l’eliminazione fisica sistematica degli ebrei d’Europa.
Vennero studiate strutture dedicate allo sterminio, in luoghi come Auschwitz. “Arbeit macht frei” era lo slogan all’ingresso di questi campi di concentramento dove quasi metà degli internati, malnutriti e maltrattati, morì di fame e di fatica, mentre molti altri, invece, furono utilizzati come cavie per folli esperimenti medici o chirurgici, e infine eliminati in massa nelle camere a gas. 
Altri prigionieri ebrei, organizzati in squadre speciali (Sonderkommando), avevano il compito di eseguire, tra le altre cose, la cremazione dei numerosi cadaveri in forni crematori industriali. Moltissimi altri prigionieri invece continuarono a perdere la vita nei campi di lavoro, obbligati a compiere sforzi disumani per sostenere l’economia bellica della Germania.     
Nell’inverno tra 1944 e 1945, con l’avanzata russa, gli ebrei furono deportati nei campi in Germania tramite le marce della morte.

La discriminazione razziale e le persecuzioni nei confronti degli Ebrei non rimasero circoscritte all’interno dei confini della Germania, ma si diffusero in tutta Europa.
L’Italia, che già da anni era sotto il dominio fascista, nell’ottobre del 1938 introdusse le leggi razziali contro gli Ebrei, per allinearsi alla Germania nazista.
In pochissimo tempo, gli Ebrei italiani furono emarginati dalla vita civile, sociale e politica.
In seguito alla pubblicazione delle leggi razziali, gli Ebrei italiani furono allontanati dalle scuole pubbliche, sia come studenti, sia come insegnanti, e ne furono create delle apposite per le comunità ebraiche. Vennero esclusi dal servizio militare e da tutti gli impieghi statali e dovettero adattarsi a mestieri di fortuna, dato che tutte le famiglie ebree rimasero improvvisamente senza stipendio. Inoltre furono vietati i matrimoni “misti”, cioè tra Ebrei e non Ebrei.
Prima del 1938, l’antisemitismo era un sentimento poco diffuso in Italia, dato che gli Ebrei erano solo una minoranza della popolazione ed erano perfettamente integrati.
Per convincere, allora, la popolazione italiana ad aderire alla politica antiebraica, il regime fascista diede il via ad una propaganda aggressiva, ma le malvagie misure antisemite urtarono una parte degli italiani che iniziarono ad allontanarsi dal regime.
Altri Italiani, invece, approfittarono delle restrizioni imposte agli Ebrei per trarre vantaggi personali.

Nell’intera storia di Europa nessuna tragedia può essere paragonata al massacro del popolo ebraico (Shoah) compiuto durante la seconda guerra mondiale.

Purtroppo questo è un esempio delle varie forme di discriminazione che hanno esempi nel mondo, anche ai nostri giorni.

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