L’antisemitismo e la Shoah
Con il termine biblico “Shoah”, che significa “catastrofe”,
si ricorda lo sterminio di milioni di ebrei, ad opera dei nazisti, che avvenne
in Europa durante la prima metà del 1900. Alcuni storici indicano questo
evento con il termine “Olocausto”, una parola greca, che fa riferimento a
sacrifici praticati nell’epoca antica (in particolare da greci ed ebrei) in cui
le vittime, agnelli, tori e capre, venivano bruciate per intero, esattamente
come migliaia di ebrei che dopo essere stati giustiziati vennero bruciati dai
nazisti nei forni crematori. I sacrifici venivano allora praticati per motivi
religiosi, per ingraziarsi una divinità o per espiare dei peccati, ma nella
Shoah non c’era nulla di religioso, né tantomeno nulla da espiare. Per questo
motivo si preferisce oggi il termine Shoah o anche il termine “antisemitismo”
con il quale si indicano le manifestazioni di odio nei confronti del popolo
ebraico in ambito religioso, politico e sociale.
L'odio nei confronti degli Ebrei ha però origini ben più
antiche. Le prime forme di discriminazione risalgono a quando gli Ebrei vennero
cacciati dalla Palestina, perché accusati dai Cristiani in quanto non
riconoscevano la figura di Gesù come quella del Messia.
Le persecuzioni contro gli Ebrei raggiunsero il culmine nel
Medioevo durante
le crociate, quando i soldati cristiani massacrarono
migliaia di Ebrei nel loro viaggio alla conquista della Terrasanta.
Gli Ebrei non potevano avere la cittadinanza, non potevano
possedere terre e non potevano esercitare nessuna professione.
Nel 1492, furono cacciati dalla Spagna e dal XVI secolo
furono costretti a vivere segregati nei ghetti, quartieri separati dagli altri
all’interno di una città.
Solo ai tempi della rivoluzione francese, verso la fine del
1700, si stabilì che gli Ebrei avessero gli stessi diritti degli altri
cittadini, ma queste nuove disposizioni non riuscirono a placare i rancori e
l’odio nei loro confronti e gli estremisti arrivarono addirittura a sviluppare
teorie pseudo-scientifiche sull’inferiorità della razza semita rispetto alle
altre.
L’antisemitismo si era diffuso e rafforzato nel 1800 quando
la politica nazionalista, che vedeva nelle minoranze in generale una minaccia
per l’unione nazionale, per la stabilità politica e per la “purezza etnica”, si
accanì essenzialmente sugli Ebrei.
Tuttavia all’epoca della Repubblica di Weimar, quindi dal
1919 in poi, gli ebrei tedeschi, circa l’1% della popolazione, avevano
raggiunto ormai la libertà e l’uguaglianza sociale ed erano perfettamente
integrati nel mondo lavorativo tedesco. Si sentivano tedeschi a tutti gli
effetti ed erano riusciti ad avere successo e ad arricchirsi. Avevano
combattuto nell’esercito tedesco durante la prima guerra mondiale, alcuni
avevano sposato tedeschi non ebrei e altri avevano pure abbandonato la religione
ebraica.
Per i nazisti, però, gli Ebrei erano un pericoloso nemico
interno, causa di molti dei problemi che affliggevano la Germania e, addirittura,
della sconfitta della Germania nella prima guerra. Gli ebrei sarebbero stati
colpevoli di aver inquinato la razza tedesca, che, secondo le teorie del
razzismo scientifico dell’epoca, sarebbe stata destinata, invece, ad assumere
un ruolo di comando nel mondo intero.
Il razzismo scientifico moderno come noi lo conosciamo era
stato teorizzato inizialmente in Francia da un tale Joseph Arthur de Gobineau,
un nobile francese autore di un saggio dal titolo piuttosto eloquente. “Saggio
sulla disuguaglianza delle razze umane”, pubblicato a metà del 1800.
Gobineau era convinto del fatto che le razze originariamente
fossero tre: bianca, gialla e nera. Per Gobineau i “gialli” erano commercianti
calcolatori, i “neri” persone in preda agli istinti animali, e i bianchi,
naturalmente, erano i più nobili e i più portati all’esercizio intellettuale e
al comando. Per Gobineau, la razza ariana, o “razza germanica” (da cui
discendeva anche la nobiltà francese a cui lui apparteneva) era l’incarnazione
più pura dei “bianchi”.
Chi portò l’odio verso gli Ebrei alle forme più estreme e
violente fu Adolf Hitler (1889-1945), un politico tedesco, di origine
austriaca, che durante il periodo di crisi della Germania, dopo la sconfitta
nella Prima Guerra Mondiale, conquistò il potere, fondando nel 1920 il Partito
Nazista, i cui punti fondamentali erano basati su idee nazionaliste e
razziste.
Nel saggio Mein Kampf, La mia battaglia,
(1925) Adolf Hitler espose il suo pensiero politico e descrisse, sotto forma di
un’autobiografia, il programma del partito nazionalsocialista. Il nazismo,
infatti, sosteneva la superiorità dei popoli nordici (o ariani), e in
particolare dei Tedeschi, su tutti gli altri. La Germania, quindi, aveva il
compito di stabilire tale superiorità e di combattere chi vi si opponeva, cioè
gli Ebrei, secondo Hitler.
L’affermazione del nazionalsocialismo in Germania avvenne
intorno al 1929, durante la crisi economica che colpì in primo luogo gli Stati
Uniti e poi molti degli Stati d’Europa.
Con l’enorme potere di cui disponeva, Hitler concentrò tutti
i suoi sforzi nel raggiungimento di un unico obiettivo: la rivincita dopo la
sconfitta del 1918, grazie a un possente programma di ristrutturazione
economica e militare e a una politica estera molto aggressiva, che condusse
all’invasione della Polonia da parte della Germania (1° settembre 1939) e che
provocò lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Da quel momento Hitler diresse personalmente le operazioni
di guerra e, grazie anche alle sue decisioni e alla sua determinazione, i primi
anni del conflitto furono caratterizzati da varie vittorie, che permisero alla
Germania di dominare gran parte dell’Europa. Verso la metà del 1942, gran parte
dell'Europa e quasi tutto il Nord Africa erano caduti sotto il controllo della
Germania e della follia di Hitler.
L’occupazione tedesca portò a un durissimo sfruttamento
delle popolazioni sottomesse e moltissime persone furono deportate in Germania,
nei campi di concentramento, una sorta di carceri, istituite nel 1933,
inizialmente per gli oppositori politici e completamente gestite dai nazisti.
La maggior parte dei prigionieri erano Ebrei, che già dal
1938, con le leggi razziali, erano stati considerati i responsabili della crisi
economica tedesca, perseguitati, licenziati dai loro impieghi e isolati dal
resto della popolazione, insieme a milioni di uomini, ritenuti di “razza
inferiore”, perché facenti parte di diversi gruppi etnici, politici e sociali,
come oppositori politici, disabili fisici e mentali, omosessuali, prigionieri
di guerra, ecc., che furono costretti a lavorare molto duramente nelle
industrie e nelle fabbriche, per finanziare la guerra nazista.
La notte del 9 novembre 1938, la cosiddetta Notte dei
cristalli, ci fu una gigantesca aggressione pilotata dalle SS,
durante la quale furono devastati negozi gestiti da ebrei, sinagoghe e case in
tutta la Germania, oltre che nei territori recentemente annessi (Austria e
Cecoslovacchia). Da quel momento la pesante discriminazione civile si trasformò
in persecuzione di massa, volta a rendere la vita degli ebrei impossibile,
spingendo molti di loro ad emigrare. Secondo Hitler, e secondo la propaganda
nazista, gli ebrei stavano spingendo i paesi stranieri a muovere guerra alla
Germania.
Nell’autunno del 1941 gli ebrei, che dal settembre erano
obbligati ad indossare una stella di David gialla cucita sugli abiti sin
dall’età di 6 anni, non poterono più emigrare dalla Germania: tutti quelli che
non erano riusciti ad andarsene prima si trovarono dunque in trappola, perché
il 20 gennaio del 1942 ebbe luogo la Conferenza di Wannsee, presso una villa
nell’omonimo quartiere di Berlino. A Wannsee si incontrarono 15 importanti
gerarchi delle SS per discutere del modo in cui sarebbe stata applicata la
soluzione finale, nome in codice per l’eliminazione fisica sistematica degli
ebrei d’Europa.
Vennero studiate strutture dedicate allo sterminio, in
luoghi come Auschwitz. “Arbeit macht frei” era lo slogan all’ingresso di questi
campi di concentramento dove quasi metà degli internati, malnutriti e
maltrattati, morì di fame e di fatica, mentre molti altri, invece, furono
utilizzati come cavie per folli esperimenti medici o chirurgici, e infine
eliminati in massa nelle camere a gas.
Altri prigionieri ebrei, organizzati in squadre speciali
(Sonderkommando), avevano il compito di eseguire, tra le altre cose, la
cremazione dei numerosi cadaveri in forni crematori industriali. Moltissimi
altri prigionieri invece continuarono a perdere la vita nei campi di lavoro,
obbligati a compiere sforzi disumani per sostenere l’economia bellica della
Germania.
Nell’inverno tra 1944 e 1945, con l’avanzata russa, gli
ebrei furono deportati nei campi in Germania tramite le marce della morte.
La discriminazione razziale e le persecuzioni nei confronti
degli Ebrei non rimasero circoscritte all’interno dei confini della Germania,
ma si diffusero in tutta Europa.
L’Italia, che già da anni era sotto il dominio fascista,
nell’ottobre del 1938 introdusse le leggi razziali contro gli Ebrei, per allinearsi
alla Germania nazista.
In pochissimo tempo, gli Ebrei italiani furono emarginati
dalla vita civile, sociale e politica.
In seguito alla pubblicazione delle leggi razziali, gli
Ebrei italiani furono allontanati dalle scuole pubbliche, sia come studenti,
sia come insegnanti, e ne furono create delle apposite per le comunità
ebraiche. Vennero esclusi dal servizio militare e da tutti gli impieghi statali
e dovettero adattarsi a mestieri di fortuna, dato che tutte le famiglie ebree
rimasero improvvisamente senza stipendio. Inoltre furono vietati i matrimoni
“misti”, cioè tra Ebrei e non Ebrei.
Prima del 1938, l’antisemitismo era un sentimento poco
diffuso in Italia, dato che gli Ebrei erano solo una minoranza della
popolazione ed erano perfettamente integrati.
Per convincere, allora, la popolazione italiana ad aderire
alla politica antiebraica, il regime fascista diede il via ad una propaganda
aggressiva, ma le malvagie misure antisemite urtarono una parte degli italiani
che iniziarono ad allontanarsi dal regime.
Altri Italiani, invece, approfittarono delle restrizioni
imposte agli Ebrei per trarre vantaggi personali.
Nell’intera storia di Europa nessuna tragedia può essere
paragonata al massacro del popolo ebraico (Shoah) compiuto durante la seconda
guerra mondiale.
Purtroppo questo è un esempio delle varie forme di
discriminazione che hanno esempi nel mondo, anche ai nostri giorni.
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